È l’estate del 2017 quando alcune di noi iniziano a discutere assieme. Chi già si conosce, chi frequenta le stesse piazze o le stesse assemblee, chi si aggiunge nel corso degli eventi o a delle serate insieme. Alcune di noi provengono da esperienze collettive precedenti, altre di noi non le hanno mai sperimentate. Decidiamo di darci uno strumento comune in cui far precipitare i nostri maledetti bisogni. Ne nasce un collettivo, altre lotte e altre discussioni: quelle contro i confini e i CPR, quelle antifasciste, quelle transfemministe, quelle contro la precarietà, quelle per l’autogestione e gli spazi sociali. L’area di affinità che abbiamo intuito e che le ha generate continua a germogliare, ad attrarre, ad agire. Rivendichiamo, oggi come allora, un’apertura a chiunque abbia voglia di condividere le nostre lotte e le nostre sere.
Il collettivo si occupa dei dibattiti politici e dell’organizzazione; si dà dei perché precisi, discute e ragiona assieme; si evolve con le energie e le idee delle persone i cui cammini si mescolano con i nostri. L’affinità occupa e basta: ricerca nuovi “dove” clandestini che la autoalimentino.
Nel settembre del 2019 proviamo a contrastare un po’ della nostra precarietà e del nostro nomadismo liberando uno stabile dimenticato nel cuore di Trieste: è La Breccia.
L’occupazione ha breve vita: in poche ore, gli sbirri accorrono a reprimere l’occupazione, allarmati dalla gravità di un reato in grado di mettere in crisi i profitti dei padroni e le forme di socialità esistenti.
Quell’esperimento è però prezioso: ci avvicina ad altri simili, ci rafforza ancora e ci fa ragionare di nuovi “dove”, per vivere bene e per pianificare la distruzione di ciò che detestiamo. Questo blog, ad esempio, vuole essere uno di quei “dove”.
Di seguito il comunicato zero del collettivo Tilt e quello diffuso all’apertura dell’occupazione Breccia, documenti che riteniamo significativi nella breve storia del nostro percorso politico.
TILT 0 – IL FUTURO È COLLETTIVO!
Siamo un gruppo di giovani, triestin* e non, studenti, lavoratrici e lavoratori, entrambe.
Due anni fa abbiamo deciso di mettere in pratica una nuova esperienza politica e sociale, partendo da un imprescindibile comun denominatore: la precarietà. Precarietà come condizione esistenziale in cui ci siamo riconosciut*; condizione che non si riferisce unicamente alle nostre situazioni lavorative, ma abbraccia tutta la vita, allargandosi alle nostre prospettive future, indifferentemente dall’età anagrafica, che si sia studenti universitari/e, stagist*, operatrici sociali o camerieri/e più o meno pagat* (per fare solo degli esempi generici).
Quello che sentiamo è la latitanza di organizzazioni politiche, sindacali e sociali che abbiano una prospettiva sistemica e in cui riconoscerci su temi centrali come il lavoro. Quello che vediamo è la cronica mancanza di spazi, di socialità, di alternativa radicale alla crisi. In tante e tanti cerchiamo di riconoscerci tra noi, ma siamo schiacciat* in processi iper-individualistici, che vanno dalla scuola fino al mondo del lavoro.
Abbiamo però deciso di non arrenderci, di non accontentarci, di non aspettare che la situazione cambi come per magia o che qualcuno la cambi per noi; di non accettare uno stato delle cose imposto dall’alto, da chi fa profitti sulle vite delle masse. Abbiamo deciso di organizzarci tra di noi, a partire dai nostri bisogni, dai nostri desideri, dai nostri sogni.
Tilt nasce da qua: dalla volontà di far saltare il banco, di scuoterlo fino a rovesciarlo.
Resistere al presente, per non rassegnarsi, per non cedere all’apatia, all’indifferenza che ci fa essere oggetti e non soggetti, comparse e non protagonist* della nostra vita. Costruire autonomie, perché più che mai abbiamo bisogno di uscire dal paradigma unico che ci viene presentato, immaginare altri mondi possibili e tracciare strade per raggiungerli. Organizzarsi tra precari/e, perché solo se torniamo a riconoscerci tra oppress* e da questo costruiamo la nostra rete di solidarietà possiamo sopravvivere a una società cannibale, in cui facciamo troppe volte la parte della preda e poche quella dei predatori contro chi ci sfrutta. Per avere la forza di rinunciare allo sfruttamento, a lavori in nero, ad alternanza scuola-lavoro lontana dal mondo della formazione, a tirocini non retribuiti.
Organizziamo il presente per riprenderci il futuro.
Collettivo Tilt – Resistenze Autonome Precarie
È NATA LA BRECCIA – SPAZIO SOCIALE AUTOGESTITO
Chi siamo, cosa vogliamo, perché tutto sto casin?
Siamo ragazze, studenti, lavoratori, triestine, “foresti”, straniere e molt* di più. Vogliamo cambiare tutto: la nostra vita, questa città, il suo futuro triste e deprimente, senza prospettive, senza l’ambizione di poter essere felici. E per fare tutto ciò c’è una sola strada: rifiutare le regole del gioco e creare le nostre. In tante, a lungo, ci siamo guardate attorno, in cerca di risposte, di un cenno d’intesa, di un’affinità. Questo spazio aspira a essere questo: spazio di complicità, di alleanze, di riconoscimento tra simili, approdo sicuro nelle tempeste che scateniamo.
In questa città c’è spazio in abbondanza per costruire un mondo diverso, a nostra misura e non del profitto. In questa città i tempi sono maturi per sfidare l’esistente e sperimentare una, cento, mille alternative.
Nulla sarà peggio di quello che viviamo ogni giorno adesso. Abbiamo molte idee per questo posto, con mille attività, ma sappiamo che più saremo, più idee ci saranno, più saremo in grado di incidere e stravolgere l’esistente. Siamo uno spazio libero e comune, autonomo e autogestito, occupato e di tutt*. Dopo averlo sognato a lungo, iniziamo a costruire il nostro mondo.
Cos’è la Breccia?
LA BRECCIA È UN LABORATORIO SUL PRESENTE.
Rappresenta e racchiude in sé una forza, un moto teso al cambiamento radicale di una città ormai resa inerme e svuotata di fantasia e collettivizzazione; una casa rifugio per tutte e tutti, dove si possa ripartire assieme per riprenderci ciò che ci hanno tolto sotto i nostri occhi, ormai accecati dalla routine e dal grigiore del vivere quotidiano.
LA BRECCIA È AZIONE DIRETTA
Una possibilità di decostruire intelligentemente tutto ciò che il patriarcato ha edificato, rendendosi – con le sue regole e la sua [ragione d’essere] logica – un muro inscalfibile attorno alle nostre vite. Dove esiste una discriminazione di genere, razzista e sociale, non esiste una società degna di rispetto, né tanto meno esiste la Libertà.
LA BRECCIA È UN INSULTO
Verso la classe sociopolitica dominante che vorrebbe fare di ogni città una vetrina per pochi e poche elette, dimenticandosi con un colpo di spugna che la città appartiene a chi la subisce, a chi sputa sangue ogni giorno per il pane e le spese primarie.
LA BRECCIA È COMPLICITÀ
Una galassia di tensioni protese verso un obiettivo comune che potrà resistere, e quindi esistere, solamente con l’impegno di ciascuna e ciascuno di noi, grazie alla condivisione di saperi e materiali; per uscire da questo squallido schema consumistico del “lavora e sperpera tutto” rifiutando di ghettizzarsi nell’ennesimo bar sotto casa, ingrassando così il gestore di turno, atrofizzando il proprio cervello, rendendolo sempre più allenato al passo finale: quello della servitù volontaria.
LA BRECCIA È UNA POSIZIONE PARTIGIANA
Scelta con indomabile indolenza, sapendo di mettersi per l’ennesima volta ai ferri corti con l’esistente, rischiando anche di pagarne care le conseguenze.
LA BRECCIA È…?