Ritorno alla normalità – Lo sblocco degli sfratti

«Spalmare l’emergenza sociale»: è questa l’espressione che meglio definisce il modo in cui il governo Draghi ha iniziato a rilasciare, già a partire da ieri, la bomba rappresentata dallo sblocco degli sfratti.
Da qui al primo di ottobre, partiranno – infatti – gli sfratti richiesti prima del 28 febbraio 2020, mentre successivamente a quest’ultima data avranno corso le esecuzioni relativi agli sfratti richiesti fra il 28 febbraio e il 30 settembre 2020; infine, dal primo gennaio 2022, si effettueranno gli accessi relativi ai provvedimenti emessi fra il primo ottobre 2020 e il 30 giugno 2021.

Questa esplosione controllata servirà per «calmare il mercato immobiliare», cioè per permettere ai grandi proprietari di continuare a speculare sulla nuda vita — cosa c’è di più basilare della casa? — di migliaia di persone.

Una decisione politica particolarmente violenta, dunque, che – sommata all’altra bomba sociale sganciata dal governo, quella dello sblocco dei licenziamenti – andrà ad impoverire ancora di più le classi popolari, già fortemente colpite dalla pandemia e dalla sua gestione governativa.

Questo dramma — voluto e pianificato con cura — pare tutt’altro che una soluzione sorpredente e originale: esso è la cruda sintesi di cosa significhi il «ritorno alla normalità», l’odiosa normalità nella quale ogni aspetto della vita delle persone è merce da comprare e vendere. E questo è particolarmente vero per quel che riguarda la casa, uno degli ambiti in cui sono più evidenti le disuguaglianze che caratterizzano la nostra società.

Stando ai numeri forniti dall’Agenzia delle Entrate, quasi il 60% del valore immobiliare, in Italia, è nelle mani del 20% delle famiglie più abbienti. Questo semplice dato dimostra che, mentre la maggior parte delle persone deve dedicare — nel migliore dei casi — una grossa parte delle proprie entrate per pagarsi un tetto (spesso misero), l’élites economiche utilizzano questo bene di prima necessità per arricchirsi, in un gioco macabro nel quale lo Stato — fra le altre cose — mette a disposizione la propria forza per cacciare migliaia di persone da casa loro, in modo da permettere che il flusso del business immobiliare continui senza sosta.

La situazione nella nostra città non fa eccezione. Secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili, nel 2019 nella provincia di Trieste ci sono stati 795 provvedimenti di sfratto, dei quali 482 eseguiti. Più di uno sfratto al giorno, quindi, la stragrande maggioranza dei quali dovuti alla morosità incolpevole degli inquilini, cioè all’impossibilità di pagare l’affitto per difficoltà economiche sopravvenute (per esempio, la perdita del posto di lavoro). Sempre secondo i dati ISTAT, addirittura il 98% degli sfratti per morosità in Italia derivano da situazioni come queste.

Noi neghiamo il «diritto» ad arricchirsi speculando sulle proprietà immobiliari; finché tutte le persone non avranno una casa — dignitosa, capace di soddisfare le necessità di ognuna senza risucchiare la maggior parte del proprio reddito — questo tipo di operazioni economiche devono essere combattute senza esitazione.

Perciò, sosteniamo e sosterremo sempre chi resiste agli sfratti, chi lotta contro gli abusi dei palazzinari, chi occupa case vuote per abitarle.

Perché vogliamo una vita libera dal giogo dei mercati, perché la nostra dignità non è una merce di scambio.