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Sulla Breccia e gli immobili

Poco più di un anno fa qualcun* decise di liberare uno dei tanti spazi abbandonati della città. Nacque, per un piccolo frammento di tempo, La Breccia: un laboratorio sul presente, un’azione diretta, un pretesto, dicevamo, per dare spazio a idee e pratiche per la città (qui una ricostruzione). Quel 28 settembre 2019, la Breccia fu subito sgomberata dalle forze dell’ordine. Su quello spazio, parte dell’immenso patrimonio immobiliare di proprietà del Comune, ci misero nulla ad annichilire il luogo che avevamo immaginato e iniziato a creare, usarono tutta la loro forza (non poca) per assicurarsi che rimanesse vuoto, abbandonato. Non ci stupì poi tanto. Quello che continua a lasciarci basiti è invece la tragica asimmetria delle cose. Poche ore per orchestrare l’azione di polizia, contro decenni di immobilismo sul fronte delle risposte sociali.

Ieri sulla stampa locale l’Ex Sacra Hosteria – per noi, la Breccia – è tornata agli onori della cronaca. Di nuovo perché qualche testardo (leggi testa vuota) assessore si è preso la briga di continuare a svenderlo. È anni che millanta piani e progetti per quel posto: enogastronomia, turismo, le cazzate di chi crede che tutto si risolva con project financing, hotel e crociere, di chi considera che la città sia unicamente il suo centro storico. È anni, a dire il vero, che il patrimonio pubblico è messo all’asta: le gare vanno a vuoto, il prezzo scende, gli amici fanno affari.

E così il Comune spende 10mila euro di parcella per “incarichi professionali mirati” (ovvero soprattutto s-valutazione del prezzo base d’asta) per la sola ex Sacra Hosteria, per poi nel 2021 metterla di nuovo sul mercato. Siamo sempre lì, immobili (è il caso di dirlo). Dopo lo sgombero della breccia, Giorgi – assessore e sbirro alla turistificazione di questa città – se ne venne fuori con mirabile tempismo ricordandosi che da un anno a quella parte stava lavorando in zona ad una fantomatica offerta enogastronomica (certo di grande interesse per la città). È ancora tutto lì, più abbandonato e vuoto di prima. Quello che cresce è solo la speculazione, la rendita, gli affari per i capitali privati che a Trieste vedono l’occasione della vita. Mangiarsi il patrimonio immobiliare pubblico per pochi spicci, aprire qualche albergo o ristorantino, specularci un po’, rivendere e poi far ripartire la giostra. Tutt’attorno, il deserto sociale, la povertà che avanza e viene schiacciata nelle periferie, la riqualificazione, ovvero la riorganizzazione urbana su misura per i capitali.

A tutto questo, come al tempo, continueremo ad opporre un altro modello di città, non dominato dai rapporti commerciali, ma dalla solidarietà, dal mutuo appoggio. A Giorgi, il responsabile, auguriamo semplicemente buon natale (e che sia l’ultimo, da assessore). A chi ha voglia e un po’ di coraggio, di provarci sempre.