Di repressione, durante ma soprattutto al termine dell’attuale emergenza sanitaria, sarà necessario e imprescindibile discutere.
La gestione politica dell’epidemia di coronavirus da parte dei governi nazionali ha infatti già fatto esplodere la violenza poliziesca e porterà inevitabilmente con sé tangibili conseguenze giudiziarie.
Le lotte sociali che si stanno condensando nei luoghi di massima densità del conflitto (carceri, CPR, fabbriche rimaste aperte grazie alla pressione di quegli assassini di Confindustria – strage che abbiamo analizzato in profondità nel nostro precedente testo [1] -, ora perfino supermercati) rappresentano il piano di osservazione privilegiato di questo fenomeno. Qui, lo Stato è intervenuto con l’aggressività tipica di chi è consapevole che la situazione non è sotto controllo, menando e ammazzando dove possibile [2]; se ne sarà capace, lo stesso Stato non tarderà a celebrare nei tribunali lo spettacolino dei processi penali, per i protagonisti di queste lotte.
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