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Sullo sfratto di una famiglia e le dichiarazioni dell’assessore ai servizi e politiche sociali

Comunicato dell’Assemblea per la Casa Trieste

Oggi è finalmente emersa sulla stampa la storia della famiglia G., sotto sfratto nella più totale indifferenza degli enti competenti. Ne abbiamo raccontato i dettagli qui.

Di seguito una rassegna:

– Servizio di telequattro, con ampia testimonianza di un membro della famiglia: https://youtu.be/x0i3he8j9b8

– Articolo di Triesteprima: https://www.triesteprima.it/cronaca/famiglia-quattro-bambini-rischia-sfratto.html

– Articolo del Piccolo:

Ciò che ci stupisce è stata la risposta dell’Assessore alle politiche sociali Grilli. Quest’ultimo dichiara che la famiglia può accedere al fondo comunale per l’affitto in una casa privata e che è possibile accedere ad un alloggio d’emergenza, facendo intendere che le soluzioni ci siano e che basterebbe farne domanda. Ciò che denunciamo con forza, da mesi, è esattemente il contrario.
Il fondo comunale, come abbiamo ampiamente spiegato, non rappresenta una soluzione: qualche spicciolo a contributo concesso dagli assistenti sociali non va a rideterminare le regole nè a calmierare i canoni d’affitto di un mercato immobiliare privato che a un nucleo familiare di sei persone come quello dei G. chiude la porta in faccia, esigendo garanzie impossibili, caparre spropositate e non offrendo comunque soluzioni abitative adeguate per dimensione e prezzo.
L’alloggio d’emergenza è ciò che abbiamo chiesto a gran voce anche ieri durante la conferenza stampa, dopo che la richiesta formale inoltrata dalla famiglia G., così come i tentativi di contatto diretto da parte nostra, non ricevono risposta da mesi ormai. Sarebbe quantomeno imbarazzante che, in piena campagna elettorale, venisse fuori solo ora – in seguito a denuncia pubblica – la disponibilità di un alloggio d’emergenza. Dov’erano prima ATER, assistenti sociali e assessorato? La pubblica amministrazione risponde e mette a disposizione le proprie risorse solo se messa in imbarazzo pubblicamente? Viene da pensare che considerino il loro ruolo da un punto di vista puramente propagandistico, senza alcuna attenzione reale per i problemi abitativi in città.

Grilli, che dall’inizio di questa vicenda se ne è lavato le mani, dichiara oggi: “Se non hanno ancora presentato domanda li agganceremo e li aiuteremo a farlo”. Questa arroganza paternalista la rigettiamo, come anche la presunzione che se esistono famiglie senza risposte al proprio disagio abitativo è perché non sono state “agganciate” dai servizi. Sono balle, i tentativi fallimentari di accesso ai servizi da parte della famiglia provano l’esatto contrario (e ne abbiamo le prove).

Pretendiamo dunque a stretto giro un tavolo di risoluzione della situazione che abbiamo denunciato alla presenza di ATER e servizio sociali, e soprattutto del Sig. Grilli a garanzia di quanto ha dichiarato. Se il Comune non riterrà opportuno attivarsi direttamente e in tempi immediati per risolvere questa situazione drammatica, ci presenteremo noi stessi all’ufficio dell’assessorato, per pretendere che una famiglia con quattro minori non finisca in mezzo a una strada.

Se esiste un alloggio d’emergenza venga immediatamente offerto alla famiglia. Non c’è più tempo per i giri di parole. Servono soluzioni subito!

Attualmente oltre 800 famiglie, solo a Trieste, attendono che l’ufficiale giudiziario bussi alla loro porta. La storia della famiglia G. non può essere affrontata e “risolta” come caso isolato, ma deve essere considerata come caso paradigmatico della disastrosa gestione del problema abitativo, esacerbatosi con la pandemia e con lo sblocco degli sfratti. Che Comune e Ater si attivino solo a seguito di una denuncia a mezzo stampa, oltre che scandaloso, non è sufficiente : il problema degli sfratti necessita di risposte strutturali e durature, che l’Assemblea per la casa e l’USB non smetteranno di pretendere.

Produci, confinati, crepa: 1 maggio 2021

Una lunga e importante giornata di mobilitazione ha avuto luogo ieri, in varie parti della nostra città.

Un primo maggio di lotta e di festa, iniziato già alle 9 con le iniziative diffuse che hanno attraversato il centro: il riuscito flash mob organizzato in Piazza Unità da Germinal, Cobas e Usi; soprattutto, la rabbiosa e determinata passeggiata che, coinvolgendo diverse decine di persone, ha rotto le limitazioni governative al ritmo di slogan come “le morti in Lombardia/gridano vendetta/Confindustria che tu sia maledetta” e “distanza sociale/dal pubblico ufficiale”.

Dopo una sosta davanti all’ospedale Maggiore, in cui abbiamo ricordato la strage di Stato dell’ultimo anno, un saluto alle detenute e ai detenuti del Coroneo, e un breve intervento in Piazza Goldoni, luogo delle mobilitazioni dei riders di queste settimane, il gruppo, ormai ingrossatosi, è rientrato in Campo San Giacomo, dove dalle 11 ha avuto luogo il presidio unitario organizzato da diverse realtà antagoniste e sindacali di base.

Si sono quindi succeduti vari interventi che hanno indicato le responsabilità politiche nella strage sanitaria e sociale che si è verificata in questo anno di pandemia, con una gestione improntata alla repressione di Stato e alla tutela degli interessi di Confindustria, dopo anni di tagli alla sanità, di precarizzazione del lavoro, di limitazione degli spazi di libertà. Morti o reclusi, al lavoro, in carcere, in casa: è questa la condizione in cui vogliono costringere proletari e proletarie, e che con la pandemia non hanno fatto altro che accelerare.

Per tutto il pomeriggio c’è stato quindi un bel momento di ripresa collettiva della socialità, che ha voluto rompere con il modello che ci hanno imposto dall’inizio della pandemia: all’aperto, ritrovandoci assieme in sicurezza, riconoscendoci dopo mesi chiusi in casa (per chi se lo può permettere) e in fabbrica o in ufficio (per chi ha un lavoro). Insomma, riprendendo la nostra normalità: rapportarci liberamente fra di noi, prendendoci cura a vicenda senza imposizioni dall’alto.

Abbattere il coprifuoco si può!

Sabato sera a Trieste più di un centinaio di persone hanno scelto di violare il coprifuoco. Un corteo selvaggio è partito alle 22 per muoversi nella strade della città: è stata la prima volta che qualcun* ha deciso di organizzarsi per rompere il dispositivo di controllo e di guerra del coprifuoco, motivato da ragioni tutt’altro che sanitarie.

Nonostante la presenza di figure più o meno note che raccattano voti con facili discorsi sulla pandemia, la maggior parte delle persone scese in piazza si è trovata per opporsi all’assurdità della misure autoritarie del governo.

Un corteo vivo ed acceso, che al grido LIBERTÀ ha rotto quella che sembrava la più inviolabile delle misure. Un grido di libertà intonato da giovani, precari e proletari che hanno deciso di dire basta allo stato di polizia che avanza.

La digos cacciata a male parole, la libertà del gesto semplice di liberazione, la musica, le discussioni sulle multe e i controlli ci restituiscono il segnale di una ribellione che avanza. Non contro l’epidemia in sé, ma contro lo stato di polizia che la gestisce.

Il coprifuoco è l’ennesima misura meramente repressiva che viene calata dall’alto su di noi. Perciò scendiamo in piazza e, con i nostri corpi, abbattiamolo.

Sulla Breccia e gli immobili

Poco più di un anno fa qualcun* decise di liberare uno dei tanti spazi abbandonati della città. Nacque, per un piccolo frammento di tempo, La Breccia: un laboratorio sul presente, un’azione diretta, un pretesto, dicevamo, per dare spazio a idee e pratiche per la città (qui una ricostruzione). Quel 28 settembre 2019, la Breccia fu subito sgomberata dalle forze dell’ordine. Su quello spazio, parte dell’immenso patrimonio immobiliare di proprietà del Comune, ci misero nulla ad annichilire il luogo che avevamo immaginato e iniziato a creare, usarono tutta la loro forza (non poca) per assicurarsi che rimanesse vuoto, abbandonato. Non ci stupì poi tanto. Quello che continua a lasciarci basiti è invece la tragica asimmetria delle cose. Poche ore per orchestrare l’azione di polizia, contro decenni di immobilismo sul fronte delle risposte sociali.

Ieri sulla stampa locale l’Ex Sacra Hosteria – per noi, la Breccia – è tornata agli onori della cronaca. Di nuovo perché qualche testardo (leggi testa vuota) assessore si è preso la briga di continuare a svenderlo. È anni che millanta piani e progetti per quel posto: enogastronomia, turismo, le cazzate di chi crede che tutto si risolva con project financing, hotel e crociere, di chi considera che la città sia unicamente il suo centro storico. È anni, a dire il vero, che il patrimonio pubblico è messo all’asta: le gare vanno a vuoto, il prezzo scende, gli amici fanno affari.

E così il Comune spende 10mila euro di parcella per “incarichi professionali mirati” (ovvero soprattutto s-valutazione del prezzo base d’asta) per la sola ex Sacra Hosteria, per poi nel 2021 metterla di nuovo sul mercato. Siamo sempre lì, immobili (è il caso di dirlo). Dopo lo sgombero della breccia, Giorgi – assessore e sbirro alla turistificazione di questa città – se ne venne fuori con mirabile tempismo ricordandosi che da un anno a quella parte stava lavorando in zona ad una fantomatica offerta enogastronomica (certo di grande interesse per la città). È ancora tutto lì, più abbandonato e vuoto di prima. Quello che cresce è solo la speculazione, la rendita, gli affari per i capitali privati che a Trieste vedono l’occasione della vita. Mangiarsi il patrimonio immobiliare pubblico per pochi spicci, aprire qualche albergo o ristorantino, specularci un po’, rivendere e poi far ripartire la giostra. Tutt’attorno, il deserto sociale, la povertà che avanza e viene schiacciata nelle periferie, la riqualificazione, ovvero la riorganizzazione urbana su misura per i capitali.

A tutto questo, come al tempo, continueremo ad opporre un altro modello di città, non dominato dai rapporti commerciali, ma dalla solidarietà, dal mutuo appoggio. A Giorgi, il responsabile, auguriamo semplicemente buon natale (e che sia l’ultimo, da assessore). A chi ha voglia e un po’ di coraggio, di provarci sempre.

– ABBIAMO APERTO UNA BRECCIA ED È BELLISSIMA

Dopo giorni di riflessioni e discussioni, appesantiti dai fatti di cronaca degli ultimi giorni, vogliamo prendere parola e raccontare quello che è successo sabato scorso nell’ex Sacra Osteria di Campo Marzio dal nostro punto di vista. Abbiamo letto con attenzione tutto quello che è stato scritto e detto su giornali, telegiornali e social. Più che rispondere alle fake news (immancabili, come l’accusa di aver imbrattato la serranda di un’edicola già così dal 2015, come può facilmente verificare chiunque abbia Google Maps) o altre menzogne, vogliamo aggiungere qualche spunto, sperando di rendere più chiaro il perché del nostro gesto e perché non ci fermeremo qui.

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– TANTO LO RIFACCIAMO!

La repressione brutale e immediata della Breccia a Trieste dimostra quanto facciano paura queste esperienze di riconquista e liberazione degli spazi sociali. La polizia che arriva a manganelli sguainati, distruggendo a calci porte e finestre, come anche i muri che vorrebbero costruire dappertutto, non ci fanno paura. Oggi abbiamo fatto un piccolo passo, ma bello, perché bastava entrarci per capire che viveva ormai di vita sua. Non ci hanno lasciato il tempo di esplorare tutte le sue possibilità, ma domani ne apriremo altri cento, lasciando ancora alle nostre spalle spazi liberati, restituiti alla città, esperienze di solidarietà e di costruzione dal basso dei mondi che vogliamo.

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