– LA GUERRA COMINCIA QUI: STA A NOI FERMARLA!

Oggi a Genova portuali e solidali stanno cercando di bloccare l’attracco di una nuova nave carica di armi, la Bahri Yanbu.
Trieste non è esclusa dalle ramificazioni del complesso militare-industriale. Questa mattina abbiamo provato a volantinare al molo IV del porto di Trieste con qualche difficoltà.

Blocchiamo i meccanismi di morte della guerra! Aiutateci nella diffusione!

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Il 18 febbraio arriverà a Genova una nuova nave carica di armi, la Bahri Yanbu. I lavoratori del porto di Genova, affiancati da solidali, hanno lanciato una giornata di mobilitazione contro la guerra, per bloccare l’ennesimo traffico di morte, in un’occasione di lotta contro la guerra e per la pace tra i popoli e tra gli oppressi.

Nei mesi scorsi, nel porto di Genova, una mobilitazione partita dai lavoratori del porto ha già impedito l’imbarco di materiale bellico diretto in Arabia Saudita e destinato alla guerra in Yemen. Analoghe manifestazioni a sostegno del blocco del traffico di armi si sono tenute in altri porti europei (Le Havre, Marsiglia, Anversa, ancora prima a Bilbao) contro le navi della compagnia saudita Bahri, che rifornisce d’armi e mezzi militari tutto il Medio Oriente.
I venti di guerra però non si sono fermati come dimostrano benissimo gli sviluppi drammatici legati alle guerre in Siria, al conflitto libico e all’aggressione statunitense in Iraq. Sono conflitti sanguinosi che mietono vittime giornalmente, devastano territori e spingono migliaia di persone ad abbandonare i loro paesi per emigrare. Il complesso militare industriale è tra i molti responsabili di questa escalation in combutta con governi sempre pronti ad approvare politiche di saccheggio verso le risorse naturali e a contendersi le aree del mondo.

Trieste non è esclusa dalle ramificazioni del complesso militare-industriale:

  • Attraverso la rotta balcanica transitano migliaia di persone in fuga. Transitano proprio dove, a pochi chilometri di distanza, la Selex ES di Leonardo (ex-Finmeccanica) a Ronchi dei Legionari produce droni di spionaggio e sorveglianza, anche potenzialmente di attacco, con la possibilità di armarli di missili aria-terra. Tra i clienti di queste armi -oltre a Congo, Arabia Saudita e Frontex (agenzia impegnata nel controllo delle frontiere dell’UE)- c’è anche il Pakistan, da cui provengono oltre la metà delle richieste asilo presentate in Friuli Venezia Giulia negli ultimi anni.
  • A metà maggio 2019 una nave della Bahri Bolloré ha attraccato al porto di Monfalcone per scaricare tondini di ferro. Era carica di 360 bazooka e 415 missili anticarro ucraini destinati all’Arabia Saudita, che sta devastando lo Yemen in una guerra sanguinosa.
  • Il Porto di Trieste è invece storicamente impegnato in fitti rapporti commerciali con la Turchia di Erdogan, uno stato autoritario in perenne assetto da guerra: è coinvolto in Yemen, essendo partner della coalizione saudita; è responsabile dell’aggressione verso l’esperienza del confederalismo democratico in Rojava (Siria del Nord); è invischiato nel caos libico, anche attraverso milizie jihadiste. Nella politica interna viola arbitrariamente le libertà civili ed è noto nella persecuzione verso i richiedenti asilo e rifugiati con i finanziamenti dall’Unione Europea.
  • L’11 gennaio 2020 è partita dal Porto di Trieste la nave di tipologia Ro-Ro “UND ATILIM”, battente bandiera turca, attraccando nuovamente a Trieste il 18 gennaio dopo un itinerario tra l’Adriatico e la Grecia. Trasportava cargo HAZARD A (Major), ovvero PERICOLO A (Maggiore): presumibilmente, quindi, armamenti.
  • Il 12 gennaio era la volta di “Assos Seaways”, altra nave battente bandiera turca. Ancora al Porto di Trieste, ancora con il sospetto di imbarcare armamenti gommati.
  • Il 21 gennaio un altro attracco di una nave Ro-Ro e con cargo “Hazard A – Major”, ovvero “Pericolo A – Maggiore”, la UN INSTANBUL.

Non sappiamo con esattezza se trasportassero armi. E’ probabile, almeno quanto è sicura la propensione militare del boia Erdogan. Sappiamo invece con certezza che la guerra comincia nei nostri territori: dalle basi militari ai laboratori di ricerca, dalla produzione di armi alla logistica degli armamenti. Boicottare la guerra è possibile, anche cominciando da casa nostra. Ce l’hanno dimostrato i portuali genovesi, che dallo scorso maggio sono in mobilitazione per impedire l’imbarco di materiale bellico destinato alle guerre dell’Arabia Saudita. Fermare la guerra è possibile, i suoi ingranaggi sono ovunque!

Cosa possiamo fare?
Se nessuno ne parla, sta a noi raccogliere informazioni, metterle a disposizione di tutt*, riordinare i fili della produzione, del traffico e delle conseguenze delle guerra!
Se nessuno fa niente, sta a noi organizzarci, mobilitarci e bloccare i meccanismi di morte della guerra!

Alcune persone contro la guerra

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