Yacht, carbone e fertilizzanti: la rappresentazione del male si è ancorata a casa nostra

Da sabato 20 novembre, spicca nel mare lo stratosferico yacht a vela chiamato A che conta ben 142,81 metri di lunghezza. L’oligarca miliardario Andrey Melnichenko (numero 105 nella lista di Forbes) ha speso più di 460 milioni di dollari per far costruire uno status symbol acquisito dall’arricchimento attraverso le industrie più colpevoli della distruzione del pianeta. Il magnate ha infatti raggiunto un  patrimonio di quasi 18 miliardi in quanto maggiore azionista delle aziende di energia a carbone SUEK e di fertilizzanti Eurochem, industrie responsabili del cambiamento climatico e dell’erosione dei suoli. Al di là del disgusto che si prova per il fatto che le persone più ricche al mondo abbiano potuto ingigantire indisturbate il loro portafoglio di svariati miliardi lo scorso anno (per Andrey sono 5, fonte Forbes) a discapito di chi sta soffrendo la crisi economica-sociale e di una sanità pubblica sempre più a pezzi, fa ancora più rabbia pensare che questi quattrini siano stati accumulati a discapito del futuro di miliardi di giovani che dovranno convivere con le disastrose conseguenze di un capitalismo sfrenato che sta portando sempre più velocemente verso la catastrofe ambientale.
 
Partiamo dal carbone: la sua estrazione e combustione è la maggiore causa del cambiamento climatico (seguito da tutti gli altri combustibili fossili) per l’enorme quantità di CO2 e gas a effetto serra che produce per creare energia. Nonostante da decenni si parli di dismettere questo combustibile, nella recentissima COP26 a Glasgow non si è né trovato accordo sull’uscita dal carbone, né si sono formulate azioni concrete per diminuirne l’utilizzo. Non solo le centrali a carbone sono problematiche, ma lo sono le stesse miniere. Per fare un esempio legato al magnate russo, nella regione siberiana di Kuzbass i cittadini stanno protestando contro l’azienda SUEK di Melnichenko per la sua continua espansione, tanto da ritrovarsi le recinzioni della miniera a pochi metri dalle case. Da quando sono iniziate le attività dell’azienda gli abitanti devono convivere con rumori costanti, sono apparse crepe nelle case per le esplosioni, sono state vendute dallo Stato le terre che prima erano utilizzate per l’agricoltura, è stato rilevato inquinamento delle acque e dell’aria, presenza di polveri nelle strade e case. La miniera continua ad espandersi deforestando i boschi e il rischio è che vengano espropriati altri villaggi oppure bruciate le case delle persone che non vogliono andarsene, come è già successo in passato
 
Un altro scandalo è quello che vede l’altra azienda di Melnichenko, produttrice di fertilizzanti Eurochem, come importatore di fosfato da una miniera marocchina che sfrutta abusivamente i territori occupati della Repubblica Democratica Araba del Sahrawi nel Sahara occidentale. Un conflitto è in corso e Melnichenko è finanziatore degli interessi marocchini che portano alla violenta repressione del popolo Sahrawi. Oltre alla necessità etica di opporsi al fomento di conflitti per interessi economici sulle risorse, è importante anche contestare l’utilizzo di fertilizzanti chimici che sta provocando l’erosione dei terreni con un aumento della desertificazione sul nostro pianeta.
 
Questa ostentazione di ricchezza è già di per sé insopportabile visto l’aumento delle disuguaglianze nel mondo e all’interno di ogni Paese. Diventa ancora più vomitevole pensare che questo arricchimento esagerato provenga da industrie che stanno letteralmente distruggendo il pianeta. Crediamo in una società dove essere ricco sia una vergogna, non qualcosa a cui ambire. Perché possedere tanto più degli altri vuol dire aver rubato agli altri. Ed è anche quell’1% dei più ricchi a provocare il doppio delle emissioni rispetto al 50% più povero del pianeta. Lo yacht A è prova ed esibizione di tutto questo.
 
Opponiamoci allo yacht A e a tutto lo schifo che si porta dietro!